E caddi...
mi sembrò di cadere all'infinito.
Atterrai come un peso morto,
in un deserto
le orecchie fischiavano
il silenzio era talmente pesante che iniziai ad urlare,
ma non riuscii neppure a sentire la mia voce.
Le mie ali spezzate, ormai uno scheletro,
denudate da tutta la bellezza che avevano avuto.
Il cielo rosso e nero,
intorno neppure l'ombra di un fantasma.
Da lassù sembrava tutto diverso.
Intorno a me era solo un panorama degno dell'Apocalisse,
forse dritta nell'Apocalisse ero finita,
quando ormai tutto era stato spazzato via.
Iniziai a camminare
Camminavo a stento,
da dove veniva tutta quella fragilità?
Era forse dolore quello che stavo provando?
Ogni singola parte del mio corpo faceva male.
Le mani erano coperte di polvere, così come le gambe,
il torso, i piedi, il viso,
ma il dolore lancinante che sentivo di più era quello al petto,
all'altezza del cuore.
Non sarebbe bastato trovare un rifugio per riposarmi,
quel dolore li non sarebbe passato.
Eternamente condannata a sentire quel vuoto.
Una figura con un sorriso meschino si avvicinò.
Le sue vesti erano eleganti.
Io ero ricoperta di stracci.
Guardai il diavolo dritto negli occhi,
pensai perché non ero rimasta a marcire al suolo, e mi disse:
“Fa male cadere dall'alto...”
Iniziai così a strisciare per sopravvivere,
e chissà,
forse un giorno mi sarei ricordata come si fa a camminare.
©Diana Mistera 08.07.2022